La
fondazione di Mylai, ossia della colonia greca, risale al 716 a. C.,
allorquando i calcidesi di Zancle, la vicina Messina, decisero di
dotarsi di un avamposto militare avanzato, rafforzando così le proprie
difese e mettendo nel contempo le mani sulla fertilissima Piana e sul
porto di Milazzo. La penisola che si protende verso le Eolie non fu
dunque una colonia di popolamento. La vita a Milazzo è testimoniata
infatti sin dalla preistoria. Ne fanno fede ad esempio la necropoli di
tipo protovillanoviano, databile tra il XII e l’XI sec. a. C., dunque
alla tarda età del bronzo, rinvenuta da Domenico Ryolo in prossimità di
piazza Roma alle soglie degli anni Cinquanta, o quella emersa di lì a
poco ai piedi del Castello, in prossimità della Grotta di Polifemo,
quando tornarono alla luce sepolture con inumazione entro grandi pithoi
deposti orizzontalmente nel terreno, sepolture databili tra il XV ed il
XIII sec. a. C.
La baia di S. Antonio con il sentiero che conduce alla torretta ottagonale del 1895
I
Greci, si sa, in Sicilia prediligevano le alture con panorami
mozzafiato. A Milazzo non fecero eccezione. Attorno all’antico bianco
Faro del Capo, tuttora preziosa guida per i naviganti, recenti indagini
archeologiche hanno riscontrato, tra l'altro, la presenza di numerosi cocci a vernice
nera. E’ in questo luogo meraviglioso, in
questo estremo lembo del Promontorio che dunque, prima della nascita di
Cristo, si svolgeva in parte la vita quotidiana della Milazzo “greca”:
tra l’esplosione della vegetazione spontanea, le bianche rocce e
l’azzurrissimo mare che, baciato dal sole, risalta la sagoma attraente
delle vicine e fascinose isole Eolie. Le centinaia di ulivi secolari
disseminati nella sterminata proprietà privata dei baroni
Baeli-Lucifero, la “Baronia”, risaltano ancor più la mediterraneità dei
luoghi, che è possibile gustare anche attraverso i ristoranti, le
pizzerie ed i camping dislocati nei punti più suggestivi, come la “Riva
Smeralda” ed il “Cirucco”, vere e proprie cittadelle turistiche in cui
il visitatore, ospitato anche in appartamenti, camere e bungalow con
vista sul mare, rischia di rimanere stordito dalla straordinaria
bellezza dei panorami e persino dei fondali marini, esplorabili - con
l’ausilio del personale esperto del diving center - attraverso
immersioni subacquee mirate alla conoscenza della fauna e della flora
marina e delle meravigliose grotte sottomarine.
I vigneti del Mamertino alla Baronia: sullo sfondo l'altura del Faro.
Proprio
accedendo dal camping “Cirucco” è possibile percorrere, a piedi o in
mountain bike, il sentiero della Baronia, dove tra gli ulivi secolari ed
i vigneti del “Mamertino” ci si può affacciare per gustare la
selvaggia bellezza di Punta Mazza, con annessa spiaggetta raggiungibile
dal mare.
Percorrendo
l’estremità della penisola milazzese lungo il versante di Ponente ci si
imbatte invece nelle meravigliose sinuosità della Baia di S. Antonio,
ove sorgeva l’omonima tonnarella, dei cui fabbricati rimangono avanzi
nella spiaggetta raggiungibile da un sentiero che s’imbocca lungo la
passeggiata panoramica e che conduce ai resti della torretta ottagonale,
deliziosa costruzione neogotica del 1895 (ing. Pasquale Mallandrino),
residenza estiva di un aristocratico milazzese, per lungo tempo creduta
erroneamente una torre militare d’avvistamento, funzione che
verisimilmente ebbe invece l’altra (cosiddetta “Torre Longa”) visibile
nella strada che conduce al Santuario rupestre di S. Antonio da Padova.
Ed è proprio nella spiaggetta e nel sentiero appena citati che è
possibile osservare reperti archeologici saldatisi da millenni agli
scogli ed ancora le rocce, le stratificazioni geologiche e le conchiglie
fossili che hanno attirato sin dalla prima metà dell’Ottocento
l’attenzione di autorevoli geologi e malacologi, come attesta peraltro
il monumento a Giuseppe Sequenza eretto alcuni anni or sono nella
soprastante passeggiata, in prossimità della “Torre Longa”.
I coniglietti selvatici di Capo Milazzo
Là
dove termina la passeggiata, s’imbocca la scalinata che consente di
discendere al Santuario rupestre di S. Antonio, il Santo di Padova che
secondo la tradizione, in occasione di una violenta tempesta che rendeva
impossibile la navigazione, fu ospitato da un eremita proprio in questa
piccola grotta, dalla fine del Seicento riccamente decorata con
eleganti marmi policromi.
Santuario rupestre di S. Antonio da Padova:
bassorilievo marmoreo raffigurante un miracolo del titolare
bassorilievo marmoreo raffigurante un miracolo del titolare
Particolarmente
interessanti l’altare maggiore (1699) ed i medaglioni marmorei
settecenteschi con bassorilievi raffiguranti episodi della vita del
titolare, rappresentato da una statua attribuita allo scultore barcellonese Matteo Trovato (1870-1949). Alcune
iscrizioni marmoree arricchiscono la piccola aula della chiesa, dotata
di un semplice portale in pietra da taglio posto dirimpetto ad una
meravigliosa terrazza panoramica che si affaccia sulla baia e sulle
Eolie. Il Santuario nel mese di giugno è meta di devoto pellegrinaggio.
Risalendo
la scalinata del Santuario, accanto al cancello, si apre, in direzione
del bianco Faro dei naviganti, uno stretto viottolo tra i tradizionali
muri a secco di Capo Milazzo (“ammacìe”) ed i fichi d’india, al termine
del quale, sulla sinistra, si accede al sentiero che conduce a Punta
Messinese, l’estremità del Promontorio e della penisola milazzese. Qui
gli ulivi selvatici caratterizzano il paesaggio, con ai loro piedi le
giallognole distese in fiore del “Crysantenum coronarium”, pianta
spontanea tipica del Capo. Non mancano gli eleganti fiori bianchi della
pianta del cappero, che vegeta indisturbata anche nelle antiche muraglie
della cittadella fortificata, con la quale la Baronia condivide pure le
tane ed i cunicoli di furbissimi coniglietti selvatici che scorazzano
qua e là. Uno straordinario punto panoramico rialzato - dove non ci si
può sottrarre dallo scattare una buona fotografia ricordo o
dall’osservare i volatili in cielo (barbagianni, piccione torraiolo e
gheppio, per citarne alcuni di quelli visibili tutto l’anno) - coincide
con l’inizio della lunga scalinata che discende sino ai deliziosi
“laghetti”, posti nella punta estrema della penisola, dove a sinistra è
possibile ammirare lo Scoglio della Portella (o “Carciofo”), che mostra
evidenti i segni delle erosioni provocate dal continuo sbattere delle
onde, mentre a destra campeggia il suggestivo viso di pietra, scultura
naturale ricavata nella bianca roccia, oltre la quale si apre la grotta
marina di Gamba di Donna, che trae la propria denominazione da una selce
che dal soffitto s’immerge in mare.








